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Giustizia ed ingiustizia, convenzioni linguistiche?

La separazione tra giustizia e ingiustizia, avviene nel momento stesso in cui l’ingiustizia diventa normativamente giustizia.

Infatti l’uguaglianza nasce con la norma ma il suo presupposto è che esista l’ineguaglianza, perché l’uguaglianza si realizza per mezzo di una norma e presuppone la limitazione al principio di libertà che è più ampio di quello di autorità.

La giustizia presuppone l’esistenza del principio di autorità, senza autorità, senza norme poste non vi può essere giustizia.

La giustizia è possibilità, l’ingiustizia è atto, condotta, comportamento, per esistere essa deve essere vestita.

Essa in ogni caso presuppone la volontà

L’uguaglianza genera una identità di appartenenza (politica), che separa chi non appartiene, perché legittima chi ha identità di appartenenza, il che genera diseguaglianze e conseguenzialmente situazioni di ingiustizia.

Ed allora?

Da queste considerazioni ne consegue che: “bramano vivere una lunga vita senza saper godere di una lunga vita” (fr. 201) e “desiderano ciò che non hanno, mentre non sanno trarre frutto da ciò che hanno, anche se esso sia più vantaggioso di quello che avevano prima” (fr. 202). (cfr. Democrito).

Democrito affermava, inoltre, che “il vivere male e non saggiamente né moderatamente né piamente non è un viver male, ma un lungo morire” (fr. 160).

Gli stolti dovrebbero quindi capire che “meglio è per gli stolti esser comandati che comandare” (fr. 75); ma “i malvagi quando assumono cariche pubbliche, quanto più sono indegni di assumerle, tanto più sono negligenti e si gonfiano di stoltezza e sfrontatezza” (fr. 254).

La domanda: in politica quanti sono gli stolti ed i malvagi?

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