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La sentenza una parola scritta.

Mai vi è stato linguaggio, prima che ci fosse un discorso.

Adamo deve aver parlato con Dio e allora, si ritorna a chiedersi, quale fosse la lingua usata da Adamo con il Signore, una lingua che appartenne ad Adamo per dono divino e che poi si perse dopo il mito di Babele? Ma prima ancora di continuare, è utile segnalare che la prima “sentenza” di cui si ha memoria ed è un atto di giustizia esercitata, su una condotta vietata, ma posta in essere attraverso l’inganno del serpente, fu quella riportata nella Bibbia, in cui Dio, disse: "Ecco che Adamo è divenuto come uno di noi; poiché conosce il bene e il male” (Gn. 3,22); “E ora - disse Dio - bisogna impedirgli di stendere la mano e prendere dall'albero della vita, di mangiarne e così vivere per sempre. Dio, il Signore, lo scacciò dal paradiso di delizie perché lavorasse la terra da cui era stato tratto” (Gn. 3, 22-23). Così Adamo ed Eva, spinti anche da un occulto istinto, che non li lasciava in pace, compirono delle azioni di cui non comprendevano il significato, ma che sarebbero state comprese dai loro discendenti per i quali sono stati narrati dalla Scrittura. Ed anche qui ricorre la domanda: la “sentenza”, nei confronti dell’uomo incolpevole (cfr. “La donna che mi hai dato per compagna, mi ha dato un frutto dell'albero e io ne ho mangiato” - Gn.3,12), è un atto di ingiustizia? Il racconto vuole appunto dimostrare che, pur in presenza del "serpente", si trattò di compiere una libera scelta, cioè una scelta che avrebbe potuto essere evitata. Se non ci fosse stata la libertà di scegliere, cioè di assumersi una responsabilità personale, l'uomo non avrebbe potuto pentirsi della scelta compiuta, poiché non l'avrebbe colta col senso di colpa. Secondo Agrippa Adamo impose i nomi alle cose tenendo conto di influssi e delle proprietà delle cose celesti e perciò ''questi nomi contengono in sé le forze mirabili delle cose significative'' . Orbene, secondo Heidegger, il linguaggio non è uno strumento di cui si possa disporre arbitrariamente, ma è il luogo in cui l'essere e le cose si danno all'uomo. L'uomo non può fare esperienza del mondo se non attraverso il linguaggio, è attraverso il linguaggio che egli è interpellato dalla tradizione. Ma il linguaggio non è un'entità semplicemente presente e disponibile all'uomo, bensì ha il carattere dell'evento, attraverso il quale quel che è detto nei testi della tradizione, afferra e trasforma l'interprete. Questa è la struttura fondamentale, di tutto quel che in generale, può essere oggetto del comprendere, cosicché Gadamer può concludere che "l'essere, che può venire compreso, è linguaggio". La riflessione la tecnica presuppone un nuovo linguaggio, un cambiamento costante sempre ed attuale. Ed allora la tecnica "uccide" la preghiera, perché usa un linguaggio non umano (cfr. per Ebner è impossibile proferire un'autentica preghiera in una lingua costruita a tavolino, F. Ebner, Proviamo a guardare al futuro, Morcellinara, Brescia 2009).

Quindi ...... logos ......

In P. Melissari "Logica dell'ingiustizia - Abuso della ragione"

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