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Salus rei publicae suprema lex esto - L'esprit de système, rivisitando Voltaire e la legge naturale.

I Romani della Repubblica, per la soluzione dei loro problemi, ricorrevano alla ragione, alla logica, alla sperimentazione, al pragmatismo e la massima di Cicerone(Cicerone, De legibus, IV) La salvezza dello Stato sia la legge suprema, esprime in sintesi tale approccio.Certamente, oggi assume un significato diverso se discutiamo sulla forma di Stato e sul tipo di democrazia, e va intesa come il bene del popolo sia la legge suprema, sicché l'individuo deve scomparire quando si tratta del bene e dell'incolumità del popolo, quindi è la regola da applicare quando si presenta un conflitto tra diritti e valori.

Un conflitto tra diritti e valori mediato dalla nozione di gerarchia - e che non è, si badi, a priori in contrasto con una diversa nozione di democrazia -, e allora non si tratterà di mantenere il conflitto come 'valore', ma di costruire una 'democrazia gerarchica', o meglio una democrazia diversamente gerarchizzata, non sottovalutando un rischio scaturente da una eventuale contrapposizione dualistica frontale tra uguaglianza e gerarchia.Cioè una gerarchia tra individualismo e organicismo, tra libertà e democrazia gerarchica, in cui si attua il principio di autorità e quindi di un organicismo che spesso si ritraduce, in una carenza di ricostruzione tecnico-sistematica non già di singoli settori della sua disciplina, bensì dei presupposti generali e, capillarmente, del sistema ordinamento giuridico considerato nella sua globalità.E' come se vi fossero due luoghi di libertà diversi dai luoghi di libertà del diritto, uno in cui si esercitano i diritti ed uno in cui si è parte di sistema gerarchico fondato sui valori, che consente il riconoscimento di uno status, quello di cittadino e quello di individuo per affermare ora il principio di autorità, mediato da quello di uguaglianza, ora il principio di libertà.Tutto ci riporterebbe a richiamare la legge di natura e rivisitare le riflessioni di Voltaire sull'utilizzo etico di tale legge, all'interno del sistema ordinamentale sostenuto da interessi, formalmente vestiti da interessi.Pertanto, il riferimento alla legge di natura, immutabile e uniforme in ogni tempo e luogo, il principio del giusto e dell'ingiusto come valore etico oggettivo e universale viene a riguardare anche il diritto.Le riflessioni di Voltaire in merito alle leggi positive si svolgono su un duplice piano. In primo luogo queste assumono un'importanza di prim'ordine, non soltanto perché nessuna società di uomini può sussistere un solo giorno, senza regole, ma soprattutto perché le norme giuridiche sono la garanzia della libertà, che consiste nel non dipendere che dalle medesime e della felicità, che è proprio del governo migliore, vale a dire retto dal principio di legalità e quindi di autorità. D'altra parte Voltaire insiste spesso sui difetti del diritto, che è tutto frutto di convenzioni, poiché non sussistono leggi fondamentali, è quasi sempre stabilito per bisogni passeggeri. Prodotte dalla necessità e dalla forza, le leggi positive sono rivolte ad assicurare gli interessi dei governanti piuttosto che a provvedere al bene pubblico, e, incerte, arbitrarie, esse sono nel mondo moderno la causa della diseguaglianza una volta prodotta dall'abilità e dalla forza.Voltaire propone, per assicurare ai cittadini l'amministrazione della giustizia, leggi chiare, precise, uniformi, soggette alla sola interpretazione autentica, e l'abrogazione delle numerose e discordanti coutumes (che erano le leggi consuetudinarie in Francia e che con l'entrata in vigore nel 1806 del codice napoleonico furono abiliti) con le loro ancora più innumerevoli e difformi interpretazioni. Chiaramente questo concetto è espresso nell'osservazione dello stesso Voltaire che per avere delle buone leggi occorre bruciare quelle esistenti e farne delle nuove. Sicché la soluzione giuridica illuministica è di netta rottura con il passato ed essa esprime un'univoca ideologia della riforma legislativa. Pertanto modello di tale riforma, è il criterio del giusto e dell'ingiusto, impresso nel cuore dell'uomo e auto evidente alla ragione, che si identifica con la legge naturale.

Il tema della legge naturale, che si pone come modello cui deve attenersi la norma giuridica, o come eterna nozione del giusto e dell'ingiusta con cui valutare la bontà o l'iniquità delle leggi positive, rimanda al problema del rapporto fra la realtà sociale e un principio ad essa superiore che, , rappresenta la questione cruciale di ogni scienza della società (COTTA)L'argomento della legge naturale, con le implicazioni del suo fondamento, della sua universalità, della sua conoscibilità, si riporta inoltre anche alle tematiche classiche della metafisica, quali quelle dell'esistenza di Dio e del suo rapporto con l'uomo, che aveva costituito l'oggetto delle grandi costruzioni sistematiche del secolo XVII. Sostenere che questi rivolge la propria metafisica verso l'affermazione di valori supremi e assoluti dell'ordine morale e giuridico, con un superamento dell'empirismo e dello scetticismo etico.In alcuni casi Voltaire prospetta anche il criterio del giusto e dell'ingiusto, come assoluto e universale, mentre in altri lo identifica con quanto risulta essere utile alla società, e lo paragona non soltanto ai concetti di verità e falsità, di salute e di malattia, ma anche a quelli di convenienza e sconvenienza la cui assoluta e universale evidenza sembra in realtà assai meno scontata e quindi con l'interesse. Certamente, come osserva Ehrard, questa oscillazione di significati fra l'essere e il dover essere, fra natura e norma di ragione, fra criteri a priori e criteri pragmatici determinabili in funzione dell'utile-interesse, corrisponde alle ambiguità con cui il termine è ormai usato in un'epoca di transizione Quindi da un lato i diritti senza morale (interessi) e dall'altro i valori con principi morali.La legge di natura di Voltaire, si fonda sulla regola aurea, tanto spesso espressa non soltanto nella sua forma negativa, ma anche in quella positiva di fare agli altri quello che si vorrebbe fosse fatto a noi. Il rapporto del diritto con un criterio superiore che si riporta a valori morali, e in ultima analisi religiosi, di quella religione universale e naturale, che unisce i saggi dell'antichità cinese, greca e romana, con i filosofi moderni, così come con gli uomini primitivi, e che si identifica con il teismo. Se, secondo quanto Voltaire scrive ne L'ABC, la ragion di stato non deve mai prevalere sull'eterna distinzione del bene e del male morale, a quest'ultima deve infine riportarsi anche la sua riflessione in materia giuridica, e in particolare i suoi scritti sul diritto possono ricondursi, oltre che alle ragioni della politica, a quegli eterni criteri della giustizia e a quel profondo senso morale della dignità umana che, come anima il suo interesse per l'uomo (CRAVERI).

Voltaire chiamava leggi naturali quelle valide in tutti i tempi e per tutti gli uomini, per il mantenimento della giustizia che la natura ha impresso nei loro cuori.

Nel 1767 egli scriveva che la morale è la medesima per tutti coloro che fanno uso della ragione e, l'anno successivo, pubblicando il dialogo L'ABC asseriva che è giusto ciò che appare tale all'universo intero, e che l'idea di giustizia è eterna.Voltaire paragona dunque la legge fondamentale della morale che è comune a tutti gli uomini, alla legge di gravitazione universale che agisce in modo uniforme su tutta la materia (VOLTAIRE, Métaphysique de Newton (1740) M.XXII.419 ss.).

La conseguenza relativistica che noi siamo costretti secondo il bisogno a cambiare tutte le idee che ci siamo fatti del giusto e dell'ingiusto.

La citazione della massima di Zoroastro che impone di astenersi da un'azione quando si è in dubbio sulla sua giustizia, rafforza lo spirito etico del diritto.

Pertanto, la regola aurea è tale da poter essere compresa autonomamente da ogni uomo man mano che sviluppa la propria ragione, e il suo contenuto, indicato a volte con l'obbligo di dimenticare le ingiurie, di ricordarsi soltanto dei benefici, di farsi un dovere dell'amicizia e dell'umanità, è per lo più presentato come auto evidente.

La regola aurea negativa o positiva produce nell'uomo il buon senso, ma aiuta a svelare gli interessi vestiti di valori e rappresentati come virtù del diritto.

Sono interessi vestiti da valori e quindi condizionati dall'utilità, ora direzionata verso il bene con il buon senso, ora direzionata verso il senso comune che si rappresenta come l'utilità pragmatica del giusto (VOLTAIRE, L'ABC, cit., 20 entret., in Dialog. phil., cit., p. 271).

Sicché a nulla vale la massima salus rei publicae suprema lex esto, e poiché il numero dei colpevoli non trasforma il delitto in virtù, Voltaire esclude che la ragion di stato possa prevalere su quella morale. Ed allora, il filo conduttore non può che essere quello di considerare la virtù del sistema giuridico come etica universale, perché riconducibile al sistema autopoietico immutabile delle leggi naturali, rispetto a quello tecnico costruito dall'essere umano, fondato sui valori e sugli interessi, sempre mutevoli nel tempo.

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